Ha senso in Italia analizzare il tasso di disoccupazione o di occupazione nazionale? E' ragionevole mettere nello stesso calderone il Nord e il Sud, le donne e gli uomini, i giovani e i vecchi? In questo momento sicuramente no: le differenze sono quanto mai stridenti, e rendono i valori medi piuttosto artificiosi, irreali. Il tasso di disoccupazione in Italia, riportano le tabelle Istat pubblicate oggi, va da uno strabiliante 3,7% a un preoccupante 28,3%. Quello di occupazione parte da un minimo del 37,1% di alcune aree del Mezzogiorno, da Catania a Foggia e Benevento, a un massimo del 72,7% di una vasta zona del Centro Nord che parte da Emilia Romagna e Toscana e arriva alle province di Trento e Bolzano, includendo alcune aree del Piemonte e della Lombardia. Differenze abissali.
Il tasso di occupazione delle donne al Nord è del 58,6%, quello degli uomini è del 73,6%. Ma quello delle donne al Sud scende al 31,7% mentre quello degli uomini sale al 55,2%. Il tasso di occupazione dei laureati è del 78%, quello dei lavoratori che non vanno oltre la licenza media del 43,2%. Però il tasso di occupazione dei laureati maschi arriva all'83,9% mentre quello delle donne con al massimo la licenza media scende al 29,9%, quasi la metà del 55,3% degli uomini nella stessa situazione.
Facendo un po' di confronti, il tasso di occupazione di alcune aree del Nord Italia è paragonabile a quello di Germania, Svezia, Danimarca, Olanda. Poi certo bisognerebbe andare a vedere di che tipo di occupazione si tratta, ma i tassi sono molto simili, intorno al 70%. L'età, infine. E' stato detto fino allo sfinimento: in questo Paese non c'è molto posto per i giovani. Infatti il tasso di occupazione della fascia 15-34 anni è al 39,8% e quella della fascia 35-49 al 72,6%.
Se si trascurano queste profonde disuguaglianze, quando si studiano interventi per rilanciare il lavoro, e si considera invece l'Italia come un insieme omogeneo di persone, prima o poi alcune parti del Paese si desertificheranno (già sta succedendo) e in altre esploderanno problemi abitativi e sociali (il sindaco di Milano Sala ha già lanciato l'allarme, ponendo il problema di mettere a disposizione dei tanti giovani che arrivano in città per lavorare alloggi a buon mercato). Per non parlare del fenomeno della fuga dei cervelli. E perché no, forse prima o poi ci sarà anche quello della fuga delle donne, quando si stuferanno di essere perennemente la parte debole del mercato del lavoro.